Lo svelamento della forma.

di Clizia Orlando

La disposizione plastica di Gabriel Fekete si posa tra le mura di San Lorenzo ad affermare ancora una volta il suggestivo connubio tra lo spazio di essenziale connotazione romanica e il linguaggio dell’arte contemporanea. Lo scultore milanese propone una raccolta di sculture il cui referente è l’uomo, quale riferimento principe di un immaginario scultoreo a cui rimane ancorato il desiderio di potervi attingere, dopo innumerevoli rivisitazioni, ancora esuberanti stimoli creativi. Fekete ha sapientemente elaborato il proprio linguaggio sull’acquisizione di una consapevolezza espressiva affermatasi nella definizione di linee, che sinuosamente fluiscono e si espandono in turgida pienezza nelle masse.

Il suo modellato accoglie l’impronta del gesto che rapido plasma la materia, tratteggiando così le sembianze di soggetti che lasciano trapelare la loro vigoria segnata dalla modulazione delle morfologie. Ne scaturiscono volumi costruiti su profili suadenti, che con incisività espressiva scandiscono il succedersi di pieni e di vuoti in un efficace sviluppo della partitura organica dell’opera. Sono gruppi di figure che nella vocazione al femminile presentano eloquenti capigliature a cui spesso fa da contrappunto un occasionale stralcio di tessuto, l’incedere è armonico, accompagnato da accennate movenze e leggere torsioni con un delicato reclinarsi dei volti e un silenzioso proiettarsi degli sguardi. Il lembo di stoffa è a volte posato sul corpo, quasi a impedirne il totale svelamento, altre volte diviene complemento dell’impianto compositivo: appoggiato su di una sedia o abbandonato a terra.

Dalla dialettica del suo fare plastico si evince un senso di compiutezza in tensione,  non congelata in un predefinito ordine strutturale dell’impianto compositivo, ma articolata nel crescere delle forme, in un processo dove lo spazio si inserisce con funzione attiva nell’amplificazione del valore semantico dell’opera. In queste figure l’artista infonde un  sentimento del vivere evocando situazioni dell’umano, senza peraltro inficiare con indebite insinuazioni narrative o abbandoni emotivi l’autoreferenza della forma. Ritratti di più intensa incisività di modellato si staccano dalle pareti a proporre fisionomie marcate nei lineamenti, quali indizi di intime inquietudini. La sollecitazione alla ricerca sviluppata nel rapporto tra le intenzioni espressive e la scelta dei materiali ha permesso a Fekete di affrancarsi dai riferimenti visivo-culturali propri della tradizione figurativa a partire dall’arte classica, sempre avvertibile quale presenza archetipale, e approdare ad un risultato svincolato da citazionismo di maniera di antica o recente istituzione accademica.

Sostenuta dalla funzione dialettica di un dinamismo circoscritto, la scultura di Fekete si fa veicolo della necessità di dare questi a questi profili voce per  rivendicare la funzione di cosciente centralità che l’uomo deve riconquistarsi in questo tempo totalmente preso e perso in effimeri cerimoniali di un consumismo delirante.

 

Asti, Maggio 2010